Italia, Capello “vota” Ranieri: “È l’uomo giusto per la Nazionale”

“Sicuramente le cose non andavano bene, soprattutto il fatto che molti giocatori non volevano andare in Nazionale. Questa è una cosa molto brutta, non avrei mai pensato potesse succedere. Giocatori come Calafiori, che dicono che devono andare a curarsi e la settimana prima aveva giocato. Buongiorno la stessa cosa. Poi il caso Acerbi: non vengo perché l’allenatore mi dice che sono vecchio. Quando sento che non c’è amore per la maglia azzurra, mi viene un magone e una rabbia che spaccherei tutto”. Così Fabio Capello, allenatore tra i più vincenti del calcio italiano e anche ex commissario tecnico di Inghilterra e Russia, ospite di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1, sull’ennesima crisi della Nazionale che ha portato all’esonero di Luciano Spalletti. “La squadra non aveva un gioco – sottolinea l’ex allenatore, tra le altre, di Juventus, Roma e Real Madrid –. Spalletti voleva giocare in un certo modo, i giocatori invece non hanno assorbito gli schemi che lui voleva vedere in campo. Ho seguito gli Europei in Germania, è stata una cosa penosa, mi sono anche vergognato in certi momenti nel vedere una pochezza in campo di questo tipo”.
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Capello sul futuro di Spalletti
“L’abbiamo rivista, c’è qualcosa che non funziona, qualcosa che Spalletti non è riuscito a dare alla squadra. Quando c’è questo contrasto, è difficile andare avanti. In questo momento i responsabili numero uno sono i giocatori. La passività dell’altra sera in Norvegia è stata una cosa bruttissima. Ora non ci sono scusanti, vogliamo rivedere nei giocatori corsa, gioco, aiuto al compagno di squadra”. Il futuro di Spalletti potrebbe essere subito su una panchina di Serie A: “Dipende da lui, se ha subito voglia di rimettersi in gioco o vuole passare un anno a meditare sugli errori commessi. Dopo le sconfitte, rimettersi in gioco ti dà la possibilità di superare questo momento, ma non è facile. Dipenderà dalla sua sensibilità e dalla sua voglia di fare”.
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Capello e l’ipotesi Ranieri per la panchina dell’Italia
Nel frattempo, Ranieri sembra in pole per la panchina azzurra: “È il nome giusto. Ha preso la Roma che non stava andando bene e ha fatto un miracolo. Ranieri è un uomo d’esperienza, che conosce tutti i calciatori della Nazionale ed è capace di entrare nella testa dei giocatori. Credo sia il più adatto a gestire la Nazionale, per esperienza e carisma”. Tra il ruolo di ct e quello di allenatore, ricorda Capello, c’è una netta differenza: “È un altro mestiere, un altro lavoro. Devi cercare di trovare i migliori giocatori e farli rendere al massimo e di creare lo spirito di squadra. Per questo Ranieri è abile in questi punti. La cosa più importante sarebbe avere un gruppo storico di una squadra, in questo momento sembra che la cosa che rappresenti di più l’Italia sia l’Inter e quindi chiederei ai giocatori dell’Inter di riportare quello spirito di squadra che è mancato in questo momento”.
Capello sulle colpe della Federazione
Capello non assolve la Federazione dalle proprie responsabilità: “Quando si arriva a questo punto, la responsabilità è di tutti. Davanti a un disastro del genere, bisogna avere il coraggio di ammettere le proprie colpe. Nel nostro campionato, gli italiani giocano poco, non li fanno giocare. Si preferisce prendere stranieri, magari neanche così validi, che far giocare i nostri. Chi ha vinto il campionato, il Napoli, e chi è arrivato seconda con una finale di Champions, l’Inter, sono le squadre che hanno più giocatori italiani. Il Milan ne ha uno, la Juve due o tre. Non abbiamo il coraggio di far giocare i giocatori italiani e farli crescere. Senza parlare poi dei sistemi di gioco: ormai il dribbling è vietato. Non saltiamo più l’uomo. Tutto questo va ripensato nelle scuole calcio, in Federazione, a Coverciano”. Sulle parole di Velasco e la sua provocazione (“Uno come Yamal in Italia non giocherebbe”): “Ha ragione, in Italia non avrebbe giocato sicuramente all’età che aveva in prima squadra, non avrebbe fatto l’Europeo. Faccio un altro esempio: perché l’Ajax sforna giovani giocatori? Perché li mettono in campo, sbagliano e li rimettono in campo. Bisogna intravedere le qualità, il potenziale e le prospettive. Se si pensa solo al risultato, è molto difficile. Bisogna puntare sulla tecnica – conclude Capello – e noi l’abbiamo dimenticato”.