Bernardeschi: “Lanciai la moda del certificato medico. Mi diedero del gay, ma che problema ci sarebbe?”

Federico Bernardeschi è stato ospite del BSMT, il podcast condotto da Gianluca Gazzoli e disponibile su YouTube. L’attaccante del Bologna, appena tornato in Italia dopo l’esperienza al Toronto FC, ha ripercorso momenti delicati della sua carriera, tra vita privata, pregiudizi e scelte difficili.
I commenti sulla sua presunta omosessualità
Uno dei ricordi più vivi riguarda i commenti ricevuti dodici anni fa, al suo arrivo alla Fiorentina: “All’epoca mi misi un pantagonna. Capirai cosa è successo… — racconta Bernardeschi —. E che problema c’è? Se a me piace, la indosso. Non mi interessa“. Poi aggiunge: “Quante volte mi hanno detto che sono gay? E se lo fossi, che problema ci sarebbe? Lo direi, ne andrei fiero. A chi lo ha fatto, chapeau. All’epoca però queste cose mi hanno fatto male: avevo vent’anni, arrivavo nello spogliatoio della Fiorentina mentre sui giornali scrivevano certe cose… ora ci rido, ma allora ho sofferto”. Da lì, la riflessione: “Perché dare così tanta importanza agli altri? Se faccio del male a mia moglie o a mia figlia, quello è un problema. Ma le opinioni degli altri no”.
Dalla Fiorentina alla Juventus
Tra i temi affrontati anche il passaggio, molto discusso, dalla Fiorentina alla Juventus: “È stato un trasferimento pesante. Non solo andavo alla Juve, ma anche il numero 10 finiva alla Juve. Lo capisco, era facile insultare, fa parte del gioco. Avevo 23 anni e ho colto un’opportunità. La Fiorentina mi ha dato tanto e questo non lo dimenticherò mai. Se fossi andato in un’altra squadra, ci sarebbe stato un rumore minore, ma alla fine accetti e vai avanti. Anche se avessi ringraziato pubblicamente Firenze, non sarebbe cambiato nulla per i tifosi viola”.
“Lanciai la moda del certificato medico”
Poi l’aneddoto legato alla trattativa, che lo collega idealmente a casi recenti come quelli di Koopmeiners e Lookman: “Fui il primo a lanciare la moda del certificato medico. Non mi presentai in ritiro perché la trattativa era praticamente fatta, ma la Fiorentina faceva resistenza. Mi dissero di andare comunque per tre giorni, ma io sapevo che mi avrebbero massacrato. Così arrivò il certificato, finché tutto non si sbloccò. Alla fine era una decisione di entrambi: se una delle due parti non vuole, l’affare non si chiude”.