Lazio, Luis Alberto a 360°: “Lotito, Tare, Sarri e Inzaghi: ora parlo io!”
Non si è lasciato per niente bene Luis Alberto con la Lazio, anzi, con la società Lazio e ogni occasione è quella buona per poterlo ribadire. Anche nel giorno della vigilia di Natale, il centrocampista spagnolo ha scaricato una serie di frecciatine, a volte per niente velate, nei confronti della dirigenza biancoceleste, senza nascondere però il suo affetto che lo lega ai tifosi, a Maurizio Sarri, ad alcuni compagni di squadra e all’ambiente in generale. Il ‘Mago’, soprannome con cui lo ricordano tutti in Italia, ha parlato anche del Fantacalcio, del suo trasferimento in Qatar, di alcuni retroscena di mercato (come quello del suo trasferimento nella Lazio), non escludendo un giorno un ritorno a Roma per chiudere la sua carriera con la squadra alla quale è professionalmente più legato.
L’arrivo di Luis Alberto alla Lazio
«Ricordo che ero a Liverpool, avevamo fatto il trasloco da La Coruña, dove avevo trascorso un anno. Ero con un compagno, Alberto Moreno e a un certo punto era arrivato il camion con tutte le cose. In quel momento stavo andando in macchina a casa di un mio amico quando mi ha chiamato il procuratore. Era l’ultimo giorno di mercato o mancava un giorno, dovevamo decidere velocemente perché era una questione di 24 ore. Gli dissi di aspettare cinque minuti, che sarei arrivato a casa del mio amico. Parlai anche con i suoi genitori, con cui ho un bellissimo rapporto. Chiamai mia moglie, parlai con un po’ di gente e in cinque minuti decidemmo che la cosa migliore per me era andare alla Lazio e provare questa esperienza. È stata una sorpresa, anche se mi prese un po’ alla sprovvista. Ricordo poi di aver preso l’aereo e di essere arrivato a Roma da Liverpool poi a Vienna. Il primo giorno ero un po’ con la testa persa, perché era successo tutto così velocemente. È successo tutto così in fretta. Chiamai subito Patric perché avevo giocato con lui nel Barcellona B. È stato il primo a presentarmi a tutti. Poi è arrivato anche Lucas Biglia, che parlava la mia stessa lingua. Ricordo che ero seduto e mi disse: ‘Ma tu che ca**o fai qua?’. Io risposi: ‘Non lo so neanche io in questo momento’. In realtà ero stato presentato come esterno destro. Era tutto nuovo ed è stato tutto molto veloce. I primi quattro o cinque mesi sono stati devastanti per me, perché non capivo niente. È vero che non giocavo, ma poi è cambiato tutto, soprattutto la cosa più importante: la mia mentalità e il mio lavoro. Lì ho fatto vedere a Simone (Inzaghi ndr) che dovevo giocare».
Il primo anno alla Lazio
«Il primo anno ho giocato pochissimo, forse le ultime tre o quattro partite. A gennaio avevo giocato due partite in sostituzione di uno squalificato e un altro giocatore convocato in Coppa d’Africa. Ma in generale a gennaio era cambiata la mia mentalità. Ne parlavo anche l’altro giorno con Igli: mi disse che quello era il giocatore che aveva preso, non quello di prima. Prima mi massacrava perché non stavo dando il 100%, ed era vero. Ho iniziato a lavorare anche con il mental coach e da quel momento ho sentito un rapporto diverso con lo staff, mi sentivo più dentro al gruppo. Poi c’è stato il ritiro ad Auronzo, quando Inzaghi mi ha detto che quello sarebbe stato il mio ruolo. Ho giocato 90 minuti la finale contro la Juventus, vinta per 3-2, per poi disputare da titolare praticamente tutto l’anno. È stato un bel campionato, con tanti gol e assist».
Il Fantacalcio
«Quando mi parlavano di Fantacalcio dicevo sempre ‘per favore non rompetemi più’ (ride ndr). Quando andava bene era tutto bello, quando prendevo un giallo o non facevo gol era un disastro. Anche su Instagram a chi mi scriveva dicevo: ‘Lasciatemi tranquillo, questo non è il mio lavoro’. Se mi prendeva qualcuno della squadra? Non so, forse Cataldi. Anche io gioco a una specie di Fantacalcio in Spagna, ma non contatto nessuno (ride ndr)».
Lo Scudetto sfiorato
«Quell’anno, per mentalità e per come giocavamo, era difficile non arrivare fino alla fine per vincere lo Scudetto. Era una squadra che giocava a occhi chiusi. All’Olimpico spesso vincevamo già nel primo tempo. Per sei-sette mesi non c’era sofferenza in campo. Anche quando andavamo sotto, vincevamo al 90’, 92’, 93’. Si percepiva che in pochi secondi potevamo fare uno o due gol. In campo eravamo felici, ci divertivamo. Senza il Covid, secondo me, fino alla fine ce la saremmo giocata per lo Scudetto»
Luis Alberto, Lotito, la società e gli ex compagni
«Dentro la Lazio c’è gente che non capisce di calcio e lo dirò sempre. Eravamo un gruppo sano, con un allenatore amico e un direttore sportivo che sapeva quando mettere pressione e quando no. Poi è arrivato Sarri, che è un maestro. Quando è andato via sapevo che la Lazio non sarebbe andata da nessuna parte. Il mio addio è anche colpa dei litigi con Lotito. Ho litigato tante volte con lui. Lo conosciamo tutti, sappiamo com’è. Fortunatamente non è più il mio presidente. Non c’è nessun rapporto d’amicizia e non ci sentiamo più. Non sono sorpreso della situazione della Lazio, sapevo che qualcosa poteva succedere. Sento spesso Cataldi. Parlo molto con lui, con Patric, con Mario (Gila ndr), con Pedrito. Ho parlato anche con il Taty, però loro, come dico sempre, non possono fare nulla: la situazione è questa. Ho visto le loro partite e sono certo che anche quella di Milano potevano tranquillamente vincerla o pareggiarla, poteva succedere di tutto. Li ho visti anche in nove contro il Parma e sono sempre rimasti in partita e alla fine hanno vinto. In generale penso siano migliorati molto».
Luis Alberto sul ritorno alla Lazio
«Un ritorno con Immobile e Milinkovic? La vedo difficile tornare dopo il nostro addio. Ma non si sa mai, se dovesse chiamarmi Sarri tornerei».
Il trasferimento in Qatar
«Mi volevano già l’anno prima. Dopo quella stagione in cui arrivammo secondi parlai di quell’offerta, ma Sarri mi disse di no. Gli avevo detto che sarei rimasto lì per lui. Quando però è andato via, sapevo che non aveva più senso restare, dovevo cambiare. Dopo due o tre mesi in Qatar ho trovato tranquillità. È un’altra vita e siamo felici. Penso di aver fatto la scelta giusta. Qui nessuno ti guarda male, si vive in maniera tranquillissima. Posso uscire con i miei figli senza problemi, andare in un centro commerciale e fare ciò che non potevo fare a Roma, anche una cena tranquilla. Per la famiglia è meraviglioso. La maggior parte delle persone viene da fuori: Argentina, Filippine. Tra 20-30 anni sarà un altro paese. La ricchezza però c’è e già si vede».
Luis Alberto sul derby
«Io credo che per una partita così non ci sia nemmeno bisogno di grandi discorsi. Serve più motivazione quando giochi contro squadre che stanno sotto in classifica, perché lì rischi di scendere in campo più scarico. Per il derby invece sai benissimo cosa ti giochi. Se perdi, devi restare chiuso in casa fino alla partita successiva, come minimo. Credo che tutti abbiano anche quella paura di perdere che ti tiene sempre sul pezzo».
Un messaggio per i tifosi della Lazio
«Sono stato molto felice di aver vissuto otto anni alla Lazio. Di aver conosciuto tante persone, Simone, che devo ringraziare, e anche Sarri e Tare. Ringrazio tutta la tifoseria, la curva che mi ha sempre sostenuto e supportato. Grazie a tutte le persone che ho conosciuto fuori dal campo, con cui sono ancora in contatto che ho rivisto quando sono tornato a Roma. Per me è importante la persona, solo dopo viene il personaggio Luis Alberto. Una scelta che rifarei mille volte? Giocare per la Lazio».