Coppola: “Voglio la rivincita con Haaland. Ho studiato…”

Diego Coppola si prepara al suo esordio in Premier League con la maglia del Brighton e si pone subito degli obiettivi ambiziosi
Diego Coppola, Italia
Diego Coppola, Italia

Giovanni Leoni, passato a Liverpool per 35 milioni di euro, non è l’unico difensore italiano che ha lasciato la Serie A per trasferirsi in Premier League. A fare questo salto, qualche settimana fa, era già stato un altro promettente centrale azzurro: Diego Coppola. Il classe 2003, cresciuto nel settore giovanile dell’Hellas Verona, ha salutato il club scaligero e si è trasferito – per 11 milioni di euro – al Brighton per provare una nuova esperienza all’estero. Esperienza che inizierà sabato alle ore 16.00, quando i Seagulls ospiteranno il Fulham per la prima giornata di Premier League. Una grande occasione per Coppola che dopo aver fatto bene in Italia, ora vuole mettersi in mostra agli occhi di Gattuso in Inghilterra con lo scopo di conquistare il ritorno in Nazionale. Nel frattempo, il giovane difensore si gode la sua nuova squadra e si pone degli obiettivi, come quelli confessati alla Gazzetta dello Sport.

Coppola e la passione per la Premier

«L’ho sempre visto come il campionato migliore del mondo, non come un sogno ma come un punto d’arrivo. Quando ho saputo che Verona e Brighton si parlavano, ero subito strafelice: la Premier è la Premier. Su Fox Sport, guardavo top gol e top assist. Era l’anno in cui il Manchester City aveva vinto lo scudetto (2013-14, ndr): c’erano Yaya Touré, il mio giocatore preferito, c’era Kompany con Pellegrini allenatore. Quell’anno mi sono innamorato della Premier. Quell’anno Touré era straripante, aveva fatto 20 gol da centrocampista. Poi a livello di qualità… Difendeva, attaccava, tecnicamente era uno dei migliori, aveva fisico: lo vedevo come il giocatore perfetto. Mi dicevo sarebbe stato bello diventare come lui: me ne manca ancora di strada. Dove voglio giocare? Anfield. Quando parte You’ll Never Walk Alone è magico, un po’ come quando all’Olimpico c’è la Roma e prima i tifosi cantano: è difficile non cantare, anche giocando da avversario. Ma ci sono tanti stadi comunque: quello del Tottenham è nuovo e sento dire sia bellissimo, Old Trafford che è storico. Non vedo l’ora di giocare in tutti, anche perché sono diversi rispetto all’Italia, coi tifosi più vicini al campo».

Gli obiettivi di Coppola

«Ho studiato Virgil Van Dijk. Ho guardato molto sia lui che Kompany, ma adesso che capisco più il calcio, Van Dijk è un modello. Anche a detta dei miei compagni, a cui ho chiesto chi sono quelli che fanno più effetto: in tanti mi hanno detto lui perché a livello di presenza nella squadra è straordinario. Chi vorrei marcare? Haaland, ancora lui. L’ho affrontato con la Nazionale, adesso non vedo l’ora di giocarci contro perché penso sia l’attaccante più forte in questo momento in Premier League. Ma ci sono tantissimi giocatori con cui non vedo l’ora di giocare, che voglio vedere dal vivo: Salah per cominciare, ma anche giocatori non di squadre top come per esempio Eze del Crystal Palace».

Il Brighton

«Sapevo che era una società con un bel progetto, ma quando sono arrivato mi hanno veramente stupito. Il centro sportivo mi sembra una cosa assurda: mi avevano mandato i video del centro di allenamento per farmi conoscere la squadra e mi sembrava cosa da intelligenza artificiale. Qui invece ho scoperto che era tutto vero: curano ogni aspetto, dalla cucina al recupero; hanno lezioni di yoga e pilates, una palestra gigantesca, saune, vasche calde e fredde di tutto. Devo ancora trovare una pecca. Forse la pasta, che è un po’ scotta. »

La preparazione per la Premier

«Gli allenamenti fanno la differenza. Io ho giocato solo nel Verona: qui sono più intensi e diversi. Un esempio: nel prestagione corse senza palla non ne abbiano mai fatte, mentre in tante squadre di A spesso all’inizio fai solo quello. Devo adattarmi, come al nuovo programma settimanale: qui abbiamo due giorni liberi, cosa che a Verona non esisteva. Sono ritmi diversi, ma mi piace. Ho chiesto consigli a Igor, che ha giocato nella Fiorentina, parla bene italiano e mi ha preso sotto la sua ala. Mi ha detto che qui devi stare sempre attento, soprattutto in partita perché non c’è mai un momento in cui ti puoi rilassare. Mi ha spiegato le differenze tra il calcio in Italia e qua, anche in allenamento».