Maxi Lopez, dal River Plate alla stanza nella villa di Ronaldinho

L’ex attaccante argentino Maxi López, oggi impegnato come concorrente nel popolare reality culinario MasterChef in Argentina, si è concesso un’intervista intima, mettendo da parte per un momento i riflettori mediatici sulla sua vita privata per concentrarsi sulla sua lunga e intensa carriera calcistica.

López, che ha vestito maglie prestigiose come River Plate, Barcellona, Milan e Catania, ha ammesso di sentirsi molto distante dal calciatore che è stato, ma non ha rimpianti per la scelta del ritiro.

L’inizio in salita e la svolta al River

Maxi López ha raccontato che la sua è stata una carriera fatta di sacrifici e lotte, dove nulla è arrivato con facilità. Il suo percorso giovanile al River Plate non fu semplice, venendo inizialmente ignorato dagli allenatori nelle categorie minori.

La svolta arrivò in modo inaspettato. Dopo che club inglesi come Fulham e Southampton avevano mostrato interesse, il River decise di testarlo:

“Hanno organizzato un’amichevole contro il Racing un mercoledì al Monumental. Hanno giocato tutti i titolari. Abbiamo vinto 2-0 e ho segnato entrambi i gol. Il sabato dopo, sono stato convocato in Prima Squadra e ho firmato il mio primo contratto. La mia vita è cambiata in due secondi.”

A soli 17 anni, debuttò sotto la guida di Ramón Díaz.

La furia nel Superclásico dopo la punizione

Uno dei momenti cruciali per la sua crescita fu nel 2004, quando l’allenatore Leonardo Astrada lo escluse dalla lista della prima fase di Copa Libertadores per essere arrivato in ritardo a un allenamento.

“È stata una frustrazione enorme, ma in quei mesi mi sono allenato a morire,” ha confessato.

La rivincita arrivò nel celebre Superclásico contro il Boca Juniors. Quando Marcelo Salas si infortunò al 5° minuto, López subentrò senza riscaldarsi, spinto da una rabbia agonistica accumulata.

“Ero carico, pronto a mangiarmi l’erba. Volevo ribaltare la situazione. Ho giocato tre Classici in pochi giorni. Poi è arrivata la debacle totale di sbagliare il rigore nella semifinale di Libertadores. Mi è servito per imparare.”

La convivenza con Ronaldinho e l’amicizia con Messi

L’approdo al Barcellona a 20 anni rappresentò il salto definitivo nel calcio che conta. Un trasferimento inatteso, dato che era a un passo dal Benfica, prima che il Barça si inserisse all’ultimo momento.

Lì conobbe un giovanissimo Lionel Messi (“allora aveva 16 anni, era speciale”) e stabilì un legame speciale con il campione brasiliano Ronaldinho.

López ha rivelato un aneddoto straordinario sulla sua amicizia con Dinho, definendolo un “fuoriclasse come giocatore e come persona“:

“Avevo una stanza a casa sua. Un giorno, per via della grande amicizia che avevamo, prese un pennarello e sulla porta scrisse ‘M11’. ‘Questa è la tua stanza’, mi disse. Dopo feci lo stesso nel mio appartamento, mettendo ‘R10’ su una stanza.”

La gestione dei problemi personali

Parlando della gestione della pressione, Maxi López ha indicato due momenti critici: la perdita del padre da giovane (superata rifugiandosi nel calcio) e il clamore mediatico seguito alla sua separazione.

Riguardo al tumulto mediatico, durato anni, ha spiegato come ha affrontato la situazione:

“Andare nello spogliatoio, scherzare con i ragazzi… era la mia via di fuga da tutti i guai. Durante le partite si spegneva tutto. Non è stato facile, ma l’ho gestito così. Ho giocato sette anni in più, a un livello piuttosto alto.”

Infine, l’ex attaccante ha commentato il calcio moderno, definendolo “un altro sport”, più fisico e atletico. Riguardo al futuro, ha escluso un ruolo da allenatore, preferendo invece il management sportivo, un percorso che lo ha portato anche a far parte, brevemente, della proprietà del Birmingham City in Inghilterra.